ProCrea
La tendenza emersa al sesto congresso mondiale sull'Induzione dell'Ovulazione e confermata dallo studio che il centro svizzero di fecondazione medico assistita ProCrea ha presentato
Pubblicato il 01/10/2010

Le tecniche di procreazione medico assistita vanno verso una sempre maggiore personalizzazione delle terapie. Una tendenza emersa a Napoli nel corso del sesto congresso mondiale sull'Induzione dell'Ovulazione e confermata dalla ricerca che il laboratorio di analisi genetiche del centro svizzero di fecondazione assistita ProCrea ha presentato. Partendo da quelle che sono le tecniche più affermate, è infatti necessario che fin dalla stimolazione ormonale ci sia un intervento mirato, studiato su misura, per poter arrivare ad una gravidanza. Non solo quindi Ivi, Icsi e Fivet, alcune tra le tecniche di procreazione medico assistita più diffuse, ma «occorre agire in modo puntuale, tenendo in considerazione le peculiarità genetiche della paziente che è alla ricerca di un figlio», precisa Giuditta Filippini, biologa, direttrice di ProCreaLab, il laboratorio di analisi genetiche ProCrea.
I biologi e i medici del centro svizzero di Lugano hanno individuato un particolare polimorfismo del recettore LH che ostacola le tecniche di procreazione medico assistita nel portare ad una gravidanza. La ricerca ha indagato la variante funzionale insLQ nell'esone 1, mettendo in correlazione questa particolare variante con la procreazione assistita. «Si tratta di uno studio preliminare che potrebbe portare a sviluppare una specifica terapia ormonale per le donne che si sottopongono a fecondazione assistita», prosegue Filippini. «Sappiamo infatti che la gonadotropina LH gioca un importante ruolo nella maturazione follicolare e nell'ovulazione ed è cruciale nel processo riproduttivo. Questa gonadotropina però, in almeno una donna su dieci, si presenta con il polimorfismo insLQ; parliamo di una variante a livello genetico che non ha un effetto marcato sul fenotipo, ma ha effetti potenzialmente negativi su una possibile gravidanza futura».
Questo particolare polimorfismo, già conosciuto per gli studi sul tumore al seno, finora però non era stato messo in relazione alle tecniche di induzione dell'ovulazione. «Abbiamo considerato un campione di circa cento donne che erano state sottoposte ad un trattamento ormonale di stimolazione, tutte con età inferiore ai 38 anni, e le abbiamo suddivise in differenti gruppi a seconda della presenza di questo genotipo», ricorda Filippini. «Quindi, abbiamo valutato la risposta alla stimolazione ormonale nei gruppi con i diversi genotipi».
I risultati ottenuti, per quanto ancora preliminari vista la ridotta dimensione del campione, sono stati però ben definiti. «Abbiamo infatti registrato una chiara tendenza: la variante insLQ gioca un ruolo negativo nel processo di procreazione assistita», continua la direttrice di ProCreaLab. «Dove questo polimorfismo era presente in omozigosi, cioè su entrambi i geni, la percentuale di gravidanza era nettamente inferiore rispetto agli altri gruppi. Si apre così un nuovo ambito di ricerca: per migliorare i risultati, arrivare quindi ad una gravidanza, occorre sviluppare sempre più una terapia mirata e personalizzata fin dal momento della stimolazione ormonale».
Prossimo passaggio sarà uno studio del tutto simile su un campione più significativo. «Quindi si andrà a valutare la possibilità di utilizzare la farmacogenetica per un'induzione dell'ovulazione che possa superare l'ostacolo posto dalla variante funzionale», conclude Filippini. Si introdurranno così nuovi parametri a quelli già utilizzati da ProCrea.