ProCrea
«La donna non deve avere paura del desiderio di rimanere incinta perché non è questo che impedisce la maternità», spiegano dal centro di fecondazione assistita ProCrea di Lugano
Pubblicato il 16/08/2011

«Non bisogna aver paura del desiderio di avere un figlio. Anzi, questo è il primo passo per diventare mamme». Michael Jemec, specialista in medicina della riproduzione del centro di procreazione assistita ProCrea di Lugano, sfata il luogo comune secondo il quale pensare troppo insistentemente ad una gravidanza sarebbe controproducente. «La donna non deve avere paura del desiderio di rimanere incinta perché non è questo che impedisce la gravidanza», prosegue Jemec. «Volere un figlio, desiderarlo, immaginarselo sono tutti passaggi che aiutano la donna a rimanere incinta. Se non ci fosse questo desiderio, il genere umano sarebbe già estinto perché è proprio l'istinto di sopravvivenza che ci spinge a desiderare di poter continuare ad esistere».
Talvolta, quando la donna ha dei problemi di fertilità dettati da endometriosi, infezioni o malattie, continuare a coltivare la speranza di rimanere incinta può però diventare un'ossessione. «Non è questo desiderio, per quanto possa essere coltivato in maniera insistente e forte, ad ostacolare una gravidanza. Anzi, è lo stesso desiderio che, attraverso un meccanismo mentale, può aiutare l'organismo riproduttivo ad essere maggiormente ricettivo», prosegue il medico. Un esempio è la correlazione tra lo stress e la fertilità di una donna. «Si parla molto di situazioni stressanti che viviamo al giorno d'oggi. Ma lo stress, di per sé, non è un fattore negativo nei confronti della fertilità di una donna. Basta guardare alla storia dell'umanità e alle difficoltà che il genere umano ha dovuto affrontare. Nei momenti più complessi, le donne non hanno smesso di fare figli, anzi. Visto come elemento negativo per la qualità della vita, il fattore stress è interpretato come una minaccia dal nostro organismo. E, davanti ad una minaccia, il nostro corpo reagisce cercando di far continuare la specie. Quindi, reagisce favorendo -e non certo ostacolando- la riproduzione. Ci sono esempi nella storia dell'umanità che descrivono proprio questo: nei momenti di maggiore difficoltà, quindi di maggiore stress, le donne restavano incinte anche più facilmente. Lo stress ha come effetto quello di produrre cortisone all'interno del corpo: questo elemento aumenta la ricettività dell'embrione che, solitamente, viene percepito come un corpo estraneo dall'organismo».
Prosegue il medico: «Vediamo questa situazione anche attraverso le pazienti che si rivolgono al nostro centro: non abbiamo registrato differenze nei successi tra quelle donne che avevano un forte desiderio di diventare mamme e, quindi, potevano anche vivere una situazione di maggiore stress davanti al fatto di dover affrontare un trattamento di fecondazione assistita e, invece, le donne che hanno vissuto il trattamento con tranquillità. Lo stress non influisce l'esito». Una situazione confermata anche da una ricerca inglese, pubblicata recentemente sul British Medical Journal e che, analizzando i dati raccolti in 14 studi su oltre 3.500 donne con problemi di fertilità, è arrivata a determinare che lo stress emotivo nella procreazione assistita non incide sul risultato della terapia. «Non bisogna avere timore di desiderare in modo forte e profondo un figlio -conclude Jemec-. Non bisogna avere paura dello stress provocato da questo desiderio perché non influisce sulla fertilità femminile. Anzi, potrebbe predisporre l'organismo ad accogliere l'embrione».