Il suo nome scientifico è insLQ ed è un polimorfismo del recettore LH. Si tratta di un nuovo ostacolo alla gravidanza nei trattamenti di procreazione assistita che è stato individuato dal laboratorio di genetica del centro di medicina della riproduzione ProCrea di Lugano. Lo studio, che viene presentato in questi giorni al ventottesimo congresso Eshre (European Society of Human Reproduction and Embryology) in corso a Istanbul, è stato condotto dai medici e dai biologici di ProCrea negli ultimi due anni. «Abbiamo ottenuto dati statisticamente rilevanti sul ruolo negativo che la variante funzionale insLQ nell'esone 1 ha nei trattamenti di fecondazione assistita, in particolar modo nel portare a termine la gravidanza», spiega Giuditta Filippini, direttrice del laboratorio di genetica molecolare di ProCrea e autrice della ricerca. «Sappiamo che la gonadotropina LH gioca un importante ruolo nella maturazione follicolare e nell'ovulazione ed è cruciale nel processo riproduttivo. Questa gonadotropina però, in almeno il 10 per cento delle donne, si presenta con il polimorfismo insLQ; parliamo di una variante genetica che non ha un effetto marcato sul fenotipo, ma, secondo quanto abbiamo rilevato, ha effetti potenzialmente negativi su una possibile gravidanza futura».
Questo particolare polimorfismo, già conosciuto per gli studi sul tumore al seno, finora però non era stato messo in relazione con l'infertilità e le tecniche di induzione dell'ovulazione. «Abbiamo considerato un campione di circa 400 donne con età inferiore ai 38 anni che sono state sottoposte ad un trattamento ormonale di stimolazione e le abbiamo suddivise in differenti gruppi a seconda della presenza di questo genotipo», ricorda Filippini. «Quindi, abbiamo valutato la risposta alla stimolazione ormonale nei gruppi con i diversi genotipi». I risultati ottenuti hanno confermato quanto era emerso un anno e mezzo fa al termine della prima fase dello studio: «Abbiamo infatti registrato una chiara tendenza: la variante insLQ gioca un ruolo negativo nel processo di mantenimento di una gravidanza dopo un trattamento di procreazione assistita», continua la direttrice del laboratorio di ProCrea. «Dove questo polimorfismo era presente in omozigosi, cioè su entrambi i geni, la percentuale di gravidanze condotte a termine era nettamente inferiore rispetto agli altri gruppi e la percentuale di aborti nelle prime settimane nettamente superiore. Si apre così un nuovo ambito di ricerca: per migliorare i risultati, arrivare quindi ad una gravidanza a termine, occorre sviluppare sempre più una terapia mirata e personalizzata fin dal momento della stimolazione ormonale».
«La personalizzazione della terapia è fondamentale in un percorso di procreazione assistita», aggiunge Michael Jemec, specialista in medicina della riproduzione e tra i fondatori del centro ProCrea. «La genetica è una scienza in continua evoluzione che ci permette di comprendere meglio come siamo fatti e come è fatto il nostro corpo. La genetica si sta rilevando sempre più come fattore essenziale nei trattamenti di procreazione assistita perché ci permette di personalizzare ogni terapia nell'intento di aumentare i tassi di successo, quindi coronare il sogno dei genitori che sono alla ricerca di un figlio. Nella procreazione assistita di oggi non è più possibile prescindere dalle informazioni che la genetica ci può dare».